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LETTORI FISSI

venerdì 30 gennaio 2009

Sognate con questa canzone

Buona notte a tutti/e Tomaso

Credo sia ora del mio decimo capitolo

DECIMO CAPITOLO INIZIO DELLA MIA FAMIGLIA Ai primi di febbraio 1957 partimmo sapendo che sarebbe stata una vita difficile, ma eravamo insieme nel nostro cuore cera tanta fiducia di noi stessi, la fortuna ci ha un po’ assistito, arrivati a Zurigo abbiamo trovato subito un piccolo monolocale, in centro città. La Danila incominciò il suo lavoro come aiutante cuoca, io mi mise subito per cercare lavoro sperando prima possibile di trovarlo, poi di ottenere il permesso della polizia degli stranieri. Dopo aver girato da diverse fabbriche, finalmente una fabbrica panelli per insolazioni mi a fatto visitare i diversi reparti, stavo sulle spine ancora non mi avevano detto che mi avrebbero assunto, io lo speravo tanto anche perché avevo visto che c'erano tanti italiani in quella fabbrica, ritornati in ufficio arrivò un distinto signore, di sicuro era il direttore mi feci accomodare, parlava il perfetto italiano mi disse che mi avrebbero assunto dovevo solo aspettare un loro avviso oppure passare io, due giorni dopo, non aspettai il loro avviso avevo troppa fretta per sapere, lui mi aveva detto che avrei di sicuro avuto il permesso dalla polizia degli stranieri, così fu, tre giorni dopo iniziai a lavorare pieno di buona volontà. Dopo 2 settimane mi chiamarono in ufficio, il direttore mi disse che avevano pensato a me perché avevano visto che avevo molta iniziativa e che stava arrivando una nuova macchina per pressare il pannelli dove occorrevano 4 operai io sarei stato quello principale per il controllo del pannello di comando, ero molto emozionato, il direttore se ne subito accorto, mi disse questa è una grande famiglia e tutti siamo importanti, io sono il direttore ma per tutti sono Meier, gli risposi in tedesco quelle due parole che sapevo, jà herr Meier, mi fece un sorriso, non avrei mai pensato di aver trovato-Diciamo la fortuna la vita mi sembrò cosi bella, avevo molta paura che non durasse. Segui un corso per conoscere il funziona-mento di questa grande pressa, non immaginavo che fosse cosi facile controllare i fari interrutori e deviatori. Passarono i mesi e vedi che il mio lavoro in fabbrica andava bene, io e la Danila eravamo felici se anche rimaneva quel problema, non sapevamo ancora se la nostra nuova famiglia come si avrebbe potuto in-cominciare, i permessi restrittivi che offriva le autorità svizzere non erano tanto sicure, avere bambini erano problemi, pensammo di aspettare almeno un paio di anni. Il 1957 inizio bene io contento del mio lavoro, solo che non eravamo troppo contenti del lavoro della Danila, gli orari di lavoro ci portava via tanto tempo per noi. Era troppo tardi terminare tutte le sera alle 10.00 e oltre, comunque andava avanti lo stesso. Della gente che erano qui molto prima di noi ci informarono che c'erano delle possibilità di cambiare, bastava ottenere un certificato medico. In-cominciammo a parlarne con il dottore di famiglia, gli abbiamo fatto capire che la Danila causa questi orari si trovava molto depressa, e che il mangiare della cucina senza fissi orari le davo molto fastidio al suo intestino, così incominciarono visite di controllo per vedere se veramente lei ne soffriva, vedendo che la cosa andava un po’ alla lunga, chiesi io un colloquio con il dottore, molto gentile mi feci accomodare, subito mi disse signor Scarpel quello che chiede è molto difficile. Lo guardai e gli dissi, lei ha famiglia? Mi rispose si! io ancora non ce lo! e non potrò mai averla fino quando mia moglie non avrà un lavoro normale, gli dissi siamo giovani noi vogliamo essere una vera famiglia e avere figli, se lei ha un cuore e pensa un po’ tutto sarà possibile. Mi guardò sorridendo e disse vediamo quello che posso fare, una settimana dopo la Danila fu chiamata ha una visita speciale,nella sede dell’istituto universitario, la cosa andò più facile dell’imprevisto, un certificato che dichiarava che per varie ragioni era autorizzata a cambiare lavoro, otto giorni dopo aveva già un permesso nuovo. Trovò subito un posto in una fabbrica dove lavoravano la lana. Passò il 1957 molto in fretta tutto incomincio ha sembrare meno difficile la Danila si trovò molto bene del suo lavoro, io al sabato per guadagnare qualche cosa in più lavoravo dal giardiniere che era rimasto molto contento di me l’anno precedente, non abbiamo fatto le ferie siamo rimasti sempre in Svizzera, anche quello per poter mettere da parte qualche franco in più. Rinunciammo di rientrare in Italia a Natale, io ero triste dovevo ammettere che il mio sogno di fare il fotografo si stava allontanando sempre più. All’inizio del 1958 acquistai una vespa 125 per poter meglio spostarmi quando andavo a lavorare, fu il primo passo che ci diede delle piccole soddisfazioni, alla fine settimana si andava a trovare conoscenti di Sernaglia special-mente il marito di mia sorella, lui era stagionale lavorava in un altro cantone ha circa 80 Km. Per poter guidare la vespa che faceva parte della categoria motociclette dovetti fare un esame di pratica e di teoria per ottenere la patente, la mia patente italiana della macchina non era riconosciuta in Svizzera, tutto andò per il meglio. Il mese di luglio 1958 andammo in ferie in Italia “ in vespa, 16 ore di viaggio, eravamo proprio matti cioè, ben forgiati” A Sernaglia capi che tutto il laboratorio che usavo prima non era più utile, così spedii tutto per la Svizzera, per poter sviluppare le negative e per stampare foto con l’ingrandito-re che usavo in camera oscura, fu come una grande avventura, se anche non avevo il permesso di esercitare come fotografo, ebbi un’idea che come dilettante avrei potuto fare qualche cosa, c’è un detto, “sei italiano! Arrangiati”. Cosi iniziò anche questo lavoro, al sabato e domenica facevo fotografie per degli italiani per esempio, battesimi prime comunioni e pure qualche matrimonio, per poter stampare le foto alla sera trasformavo la piccola cucina in camera oscura la Danila mi aiutava quando sviluppavo le foto ce sempre molto da fare la cosa più difficile era asciugarle avevamo risolto il problema mettendo le foto bagnate stese su dei grandi asciugamani poi coperte con altri asciugamani, al mattino erano bene asciugate, solo non le potevo farle lucide, questo lavoro era molto redditizio, dovevo stare molto attento di non lasciare ricevute, di denaro ricevuto per non rischiare delle salatissime multe. Alla fine di dicembre la Danila mi informo che era incinta, subito rimasi un po’ stordito, passato il primo momento mi sono sentito felice di diventare papà. Con questo sorriso Danila mi annunciò che stava aspettando un bambino. Un forte abbraccio a tutti/e, Tomaso
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giovedì 29 gennaio 2009

Oggi voglio raccontarvi una storia vera capitolo12

La terra dove sono nato è sempre stata terra di emigrazione

Oggi voglio raccontarvi una storia che mia mamma mi raccontava di un mio zio per me era come una favola, ma era la realtà.
Ricordo che mi diceva che nel 1910 un mio zio che aveva 20'anni emigrò in America per raggiungere il papà cioè mio nonno negli stati uniti precisa-mente a Cicago.
Lui si stabili li e fece un po' di fortuna, mentre il mio nonno ritorno in Italia, quando mia mamma raccontava queste storie che sembravano, favole, ma invece erano realtà io ero incantato, ricordo che mi disse che nel 1933 quando io avevo 3 anni lui venne in Italia per 2 mesi, figuratevi portò con se la sua autovettura, in quei tempi in America cera la proibizione lui era riuscito come tanti italiani a trovare un modi per sviluppare qualcosa, aveva una autorimessa credo che mia madre non sapeva spiegarsi bene penso si trattasse di un grande garage, mio zio io non ricordo di averlo visto.
mia mamma diceva che in quei due mesi i parenti in Italia hanno avuto l'occasione di andare in giro con lui, purtroppo avvenne che un incendio distrusse la sua autorimessa , lui parti , immediata-mente per constatare la gravità del danno.
Il tempo passo e lei mantenne sempre il contatto per corrispondenza 2 volta all'anno.
questo durò fino il 1939, poi causa la guerra si interruppe.
appena finita la guerra tutto ritornò come prima, nel 1946 incominciarono a mandarci ogni anno de grossi pacchi di vestiario cera di tutto vestiti stravaganti da cerimonie, guardate questa foto


delle mie sorelle che anno indossato solo per fare la foto.
Mia mamma utilizzò le stoffe per fare dei vestiti per noi.
Oltre 30'anni dopo circa, io mia moglie, e mia figlia che parlava bene l'Inglese abbiamo fatto un viaggio negli stati Uniti cosi abbiamo potuto conoscere e abbracciare questo mio zio.
Queste foto lo dimostrano abbastanza bene aveva quasi 90 anni.
Sono leggermente sfuocate la ragione è perchè sono state riprodotte da diapositeve, le ho proettate e fotografate con la macchina dicitale, non c'é male, tutto fatto in casa:-)






visse fino 102 anni.

mercoledì 28 gennaio 2009

non riesco a rendermi conto Mino non c'é più

Credo che questa sai quella che a aperto le porte del suo successo. Tomaso

lunedì 26 gennaio 2009

Ecco un nuovo capitolo della mia vita capitolo 9

NONO CAPITOLO L’EMIGRAZIONE
Nel maggio 1955 partii per la Svizzera, fui anche felice perché li avrei trovato la mia cara fidanzata furono giorni difficili special-mente per me, il lavoro nei cantieri edili non era ciò che avrei voluto fare, ma con la forza della grande volontà andai avanti, la mia fidanzata lavorava in un grande ristorante come aiutante cuoca il suo lavoro iniziava alle 9 al mattino e terminava verso 21,00 io andavo sempre a prenderla per accompagnarla dove aveva una camera da una famiglia privata, parlavamo sempre di come si avrebbe potuto programmare la nostra vita, erano momenti molto difficili da una parte sognavo di tornare in Italia ma per ragioni finanziarie dovevo stare in Svizzera dove si guadagnava molto di più, cosi potei finire di pagare le tratte del mio impianto di laboratorio fotografico. Alla fine di ottobre io rimpatriai il mio permesso di lavoro era scaduto, mentre la mia fidanzata aveva il permesso annuo cioè rinnovabile ogni anni, per i stagionali era un’altra cosa bisognava avere un contratto nuovo ogni stagione, in Italia ripresi a fare ciò che facevo prima, ma la mia volontà era cambiata, pensavo alla mia fidanzata, era doloroso pensare di dover ripartire da zero, avevo visto che forse per un po’ di anni avrei potuto cercare di avere un lavoro fisso a Zurigo ma non era facile, l’inverno passò con il solito lavoro foto ai emigranti che tornavano alle loro manifestazioni , matrimoni battesimi prime comunione ecc. passato l’inverno ricominci-ava le partenze, io non ricevette nessun contratto per ritornare a Zurigo, in marzo parti lo stesso, arrivai a Zurigo cera la mia fidanzata che mi aspettava, solo quello mi dava una certa gioia, mi misi a cercare un lavoro trovai molta difficoltà, non mi arresi facilmente dopo vari tentativi trovai un lavoro da giardiniere, un lavoro per me tutto nuovo, cera solo la grande volontà di riuscire il mio datore di lavoro mi diede una bicicletta con la quale andavo nei diversi giardini privati delle ville dove si doveva preparare il giardino, alla sera mi dava l’indirizzo dove lui al mattino iniziava il suo lavoro era in giardiniere artigiano ero solo io l’operaio, imparai molte cose il datore di lavoro mi disse che ero bravo e che mi avrebbe fatto il contratto anche per l’hanno prossimo, non era questo quello che io desideravo, io volevo un lavoro con un permesso annuo dove sarei potuto restare sempre in Svizzera, non chiedevo dei miracoli ma solo fare una famiglia, con la quale rimanesse sempre unita. Tutte le sere mi trovavo con la mia fidanzata, già si programmava il nostro matrimonio, Arrivava l’autunno la mia fidanzata chiese il permesso di avere tre mesi di libero per l’inverno, Lo ottenne, era il 1956 avevamo già deciso il giorno del nostro matrimonio, il 24 gennaio 1957, Lo stesso giorno del suo compleanno, io ero un po’ preoccupato io volevo a tutti i costi un permesso annuo, cercai in un grande laboratorio fotografico ebbi un colloquio con il direttore, Mi fece vedere il laboratorio rimasi a bocca aperta vedere quella grande attrezza-tura erano in due tecnici che lavoravano mi fecero delle domande il direttore capi subito che ne capivo molto di camera oscura, mi fece un appunta-mento fra due giorni forse mi disse che poteva procurarmi il permesso di lavoro, io ero con il mio cuore alle stelle quando raccontai questo alla mia fidanzata, due giorni dopo mi recai per sapere come sarebbe andato per questo favoloso permesso, rimasi di ghiaccio quando mi disse che la polizia degli stranieri gli avevano negato il permesso, perché questo era un lavoro tecnico, per questo non lo ottenni, la mia preoccupazione era che non avrei mai fatto l’emigrante lasciando la mia sposa in Italia e io emigrare come stagionale, ricordavo un mio cognato che andava tutti gli anni all’estero e vedevo mia sorella sempre triste. Arrivò dicembre assieme ritornammo in Italia, tutto andò come organizzato, il 24 gennaio 1957, Fu celebrato il nostro matrimonio nella chiesa di Falzè di Piave fu una festa indimenticabile, "ecco alcuni foto fatte quel giorno" Come viaggio di nozze andammo ha far visita alle amiche della mia sposa. Capriana in paese nel trentino nella Val di Fiemme cera 50 centimetri di neve faceva molto freddo quasi 20 gradi sotto zero ma eravamo felici, dopo circa un mese già ci preparavamo per ritornare in Svizzera. La mia sposa, cioè Danila aveva il suo lavoro sicuro, io invece avevo solo la grande e buona volontà di trovarmi un lavoro stabile, se anche sapevo che non era facile.
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domenica 25 gennaio 2009

Un mostro sacro della canzone italiana. Claudio Villa

Questa sera come vedete vi ho portato il vento. Per me è il vento dalla buona notte, Tomaso

Arturo Testa, una voce del passato

i Molti di voi non l'avranno mia sentito, era molto bravo. Buona notte cari amici e amiche, Tomaso

sabato 24 gennaio 2009

Ricordo del 2006

Aggiunta al capitolo

Come vedete così avevo conosciuto la Danila, quella di sinistra, Un buon giorno a tutti/e, Tomaso

venerdì 23 gennaio 2009

Carissimi e carissime ecco un nuovo capitolo 8

Quete due foto rappresentano il periodo dei bachi da seta qui vedete già i bozzoli che si sono formati sulle frasche, che a sua volta venivano ben puliti. Sotto noi due in una passeggiata in collina.
OTTAVO CAPITOLO
Nel maggio 1953, un giorno venni chiamato da una giovane sposa in un paese vicino che voleva delle foto del suo bambino di 2 anni mi presentai da lei, era una numerosissima famiglia aveva 8 fra cognati e cognate, tutto andò per il meglio, fra quelle cognate c’èra una ragazza di 18 anni, fu un colpo di fulmine, una ragazza con capelli cortissimi che mi affascinava, chiesi alla sposa se sapeva se era fidanzata, mi rispose questa non ha tempo di pensare ai fidanzati qui cé tanto lavoro, Fu così che inizio la mia vita sentimentale, quella grande famiglia si trovava in lutto, era mancato da poco il capofamiglia, cioè il papà di quella ragazza, mi presentai giorni dopo per portare le foto del bambino, trovai la famiglia che mi aspettava perché dovevano fare altre foto fra le quale anche quella ragazza, inizio così,che poi potei parlare privatamente,con quella ragazza, fu quella che anni dopo divenne la mia sposa. Mancando il capo famiglia, non andò tanto bene perché la campagna era grande e i fratelli stanchi di quel lavoro incominciarono a emigrare chi a Milano, uno specialmente emigro in Canada, la campagna era grande da lavorare, e incominciavano i primi problemi. Il mio lavoro andava avanti con parecchie difficoltà, mi accorsi che la zona dove esercitavo Non era ancora cosi preparata per dare lavoro a un fotografo, per causa che rimanevano solo le donne in paese gli uomini continuavano ad emigrare, io con l’aiuto di un amico mi interessai di provare per emigrare nei mesi estivi quando c’era molto poco da fare. Intanto la famiglia della mia ragazza essendo coloni a mezzadria la cosa si fece complicata cosi dovettero lasciare la grande campagna, la ragazza con la quale avevo un rapporto sentimentale, se ne andò pure lei a Milano da un zio era ottobre del 1954, non era troppo soddisfatta del lavoro che doveva fare a servizio di una zia capricciosa cosi con l’aiuto di una conoscente in aprile 1955 emigro in Svizzera, ha Zurigo, nel frattempo mi arrivò anche a me il contratto di lavoro stagionale per i mesi estivi, il destino ha voluto che fosse proprio Zurigo.
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giovedì 22 gennaio 2009

Un Sanicolò! tradizione locale

Questo è stata una prova per vedere se il mio gestore internete mi permete di caricare video propri, fino adesso non ero riuscito oggi mi pare che sia riuscito. Questo che vedete è una tradizione locale che in un bosco c'é una grande capanna dove vive San Nicolao, ogni anno i genitori portano i bambini a visitare il loro beniamino e retirare i regali che prima i genitori avevano già concordato, qui vedete il colloquio che a con i bambini peccato che non capite come parlano, vi passo assicurare che è bello vedere con quanta attenzione lo ascoltano. uncaro saluto Tomaso Scusate se è già passato il periodo ma ho voluto fare questo test per un semplice controllo.

Un buon giorno con Toto Cotugno

Carissimi tutti, oggi iniziamo un buon giorno con questa canzone, ci ricorda che tutti noi italiani siamo tutti particolari, abbiamo il nostro talento, Toto Cotugno ce lo dimostra, con questa bellissima canzone. Tomaso

mercoledì 21 gennaio 2009

A TUTTI I MIEI AMICI VISITATORI DEL MIO BLOG

Come vedete io sono sempre mattiniero. quest'oggi sto pensando a meno 3, cioè mancano tre giorni al 52° . una gradiosa doppia ricorrenza per me e famiglia. Guardate un po' Ecco cosa scrivevo in un newsgroup free.amici 2 anni or sono Questa mattina molto presto come al solito mi devo alzare per ovvie ragioni, vedendo che non riuscivo a riprendere sonno e per non disturbare la mia oggi detta sposa rigirandomi nel l'etto, eccomi a incominciare questa magnifica giornata, in breve voglio dirvi che cosa mi passa per la mente; ecco... 24 gennaio 1934 in un paesino della piana del Piave nel veneto, teatro storico della prima guerra mondiale, nasce una bambina, ottava di nove fratelli , le diedero il nome Danila. 24 gennaio 1957 questa bambina divenne la mia sposa. 24 gennaio 2007 festeggiamo le nostre nozze d'oro. Dirò solo poche parole, l'emozione é troppo grande, mi scendono lacrime di gioia ricordando tutto questo, eravamo felici insieme.. siamo felici insieme.. saremo felici insieme.. finché morte non ci separa. Aggiungo ero.. sono.. e sarò.. sempre un romantico sentimentale fino alla fine dei miei giorni. Cari amici e amiche, vi ringrazio infinitamente di avermi concesso la vostra sentita calorosa amicizia. Tomaso da Zurigo. Già dimenticavo di dirvi che sta nevicando ed é già tutto bianco, temperatura - 2 gradi giusta temperatura da neve, anche questo mi ricorda, 50 anni fa cerano 20 centimetri di neve, quel giorno. Rinnovo il saluto Tomaso

martedì 20 gennaio 2009

Buon giorno amici e amiche ecco il settimo capitolo

SETTIMO CAPITOLO
Appena rientrato a casa mi interessai per avere la licenza di commercio per poter esercitare La professione di fotografo ambulante, era l’inizio di fare tanti documenti, Incominciai intanto facendo un po’ di propaganda mettendo dei appositi avvisi nei luoghi, in modo che nel paese lo sapessero, Andai in una caserma di militari vicino precisamente a Feltre Belluno, Trovai subito le prime difficoltà ci voleva un permesso speciale per fare questo, La cosa che feci subito, andai a Udine dove avevo fatto il militare, li ero molto conosciuto, mi presentai al comando dove avevo dei buoni rapporti, e gli spiegai di cosa si trattava, il comandante mi accompagno, subito al comando generale della Brigata Julia, lui ottenne subito un colloquio con un tenente colonnello, la cosa e andata molto bene mi fecero una lettera che avrei dovuto portare a Padova al comando d’armata, lo feci, in non più di 15 giorni ottenni il permesso, che veniva dal ministero della difesa, il quale mi autorizzava ad entrare in tutte le caserme della provincia di Treviso, e nelle province limitrofe. Incominciavano i problemi, ho dovuto acquistare una motocicletta leggera per i miei spostamenti, attrezzai il laboratorio cioè la camera oscura di un grande ingranditore per poter stampare foto di formati fino 24x 30 centimetri, dato che anche mio fratello maggiore si sposò nel 1952 io potei avere una stanza solo per i lavori necessari per le fotografie, Partivo tutte le domeniche con la moto per recarmi delle vicine caserme dei militari in una giornata potevo frequentare dalle due a tre caserme, lunedì e martedì preparavo le foto, il giorno dopo ritornavo nelle caserme per portare le foto, e farne delle altre. I mesi passarono il lavoro non mancava, solo che era molto dura, e molto rischiosa, 2 ore di motocicletta al mattino e 2 ore alla sera con strade con poca sicurezza, cioè non era l’avvenire che io speravo. Presi una decisione, acquistai una macchina fotografica da studio, con quella fare foto e ritratti, misi nei bar, nei cafè delle informazioni di questo lavoro, tramite conoscenti, sono stato presentato ad un vecchio fotografo di una cittadina a 25 Km. Così andai due volte alla settimana per imparare la tecnica del ritocco nelle pellicole piane, E per studiare le luci, in seguito acquistai attrezzature per affetti luce riflettori e giraffa, Feci delle tratte per il pagamento rateale, il lavoro non era tanto, 80% degli uomini emigravano tutte le primavere, chi in Francia chi in Italia nel cosiddetto triangolo industriale, Cioè nelle città del centro nord, pensate che all’estate le foto che facevo erano nella maggioranza di giovani spose che le dovevo fotografare di profilo per vedere bene il loro pancione che poi spedivano le foto al proprio marito emigrante, l’inverno invece cera tanto lavoro, matrimoni, battesimi, prima, comunione, e foto per passaporti di giovani, che poi Avrebbero preso il via dell’emigrazione.
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domenica 18 gennaio 2009

Guardate questo aereo che piano piano sta atterrando

Buona sera amici, oggi vi voglio far vedere questi momenti mozza fiato vedendo questi grandi aerei che sfiorano questo casolare io li posso fotografare da una delle mie finestre. Un saluto a tutti e vi auguro per domani un buon inizio della settimana. Tomaso

Una bella canzone fa sempre bene

Buona domenica cari amci e amiche. Un abbraccio Tomaso

sabato 17 gennaio 2009

Continua il mio racconto, del nuovo capitolo 6

SESTO CAPITOLO
Non avrei mai immaginato quanto bene mi sarei trovato dopo in caserma. Lui un amatore di fotografia, andava li per far sviluppare le sue foto, quando capi che io lavoravo li in camera oscura, mi disse serio, lo sai che è vietato per un soldato, io impallidii, Poi sorridendo mi disse, io vorrei darti una sanse, tu mi sviluppi delle foto che nessuno deve vedere, capii subito che lui era un vero donnaiolo, e cercava in me un complice, gli dissi subito, che su quel laboratorio io ero controllato,e non sarei stato libero di fare questo, Mi disse che ne avremo parlato in caserma. Aspettavo con ansia, cosa mi avrebbe detto il Tenente? Più tardi venni chiamato in ufficio del Tenente, gentilmente mi fece accomodare, mi disse chiaramente che dovevo fare in modo di svilupparle le sue foto, perché erano cose personali, Io le disse subito che per fare questo ci vorrebbe una camera oscura dove si possa lavorare. Con chiarezza mi disse di chiedere che la stanza si poteva trovare, io quadrai in giro e gli disse, questa stanza sarebbe l’ideale, ce il tavolo grande ci sono le luci bastava cambiare le lampade speciali oscure il resto io potevo procurarlo cioè comperare un piccolo ingranditare e le diverse bacinelle per mette a bagno le foto per lo sviluppo il fissaggio, il problema dove io passo mettere questa attrezzatura, mi guardò sorridendo mi fece vedere un grande armadio, E disse questo è il posto che ti occorre io mi interesso che da domani sia a tua disposizione. Poi mi porto nella sala dove gli specialisti di tiro al giorno facevano scuola delle coordinate di tiro, e disse se tu pensi che qui puoi utilizzare questa stanza, gli dissi subito di si il tavolo geometrico dove facevano il disegni bastava inclinarlo orizzontale, mettere la lampada speciale sul posto dove loro usavano per illuminare i disegni, tutto mi sembrò realizzabile, dalle ore 20.00 io avrei potuto usare quella stanza per fare quello che volevo. Ottenni subito i permessi che potevo uscire dalla caserma quando volevo, Ne approfittai subito, il giorno dopo procurai tutto quello che mi occorreva, avevo un permesso speciale, T.S.T. termine , spettacolo, teatrale, cioè potevo rientrare anche dopo le ore 24.00. Tutto prosegui molto bene in caserma tutti mi consideravano il fotografo della caserma, negli addestramenti esterni in montagna il mio lavoro dovevo solo seguire la colonna che trainava i pezzi cioè i cannoni e fare delle foto che poi le avrei sviluppate io in fretta perché il comando le voleva per pubblicarle sul giornale degli artiglieri di montagna. Passarono i mesi si avvicinava il tempo per la fine del servizio militare, fui chiamato dal comandante della caserma mi disse che ne pensavo , se facevo una firma lui avrebbe fatto il resto mi garantiva che in tre mesi sarei stato caporal-maggiore e dopo sei mesi avrei potuto iniziare i corsi di sergente (sottoufficiale) furono giorni difficili, prendere una cosi difficile decisione, Alla fine rinunciai, potevano capitare altri comandanti che sostituivano quelli attuali questo succedeva spesso, non ero sicuro che fosse cosi facile. Nel frattempo continuai ha studiare, Volevo imparare certi sistemi di sviluppo e stampe di fotografie, i tempi di esposizione, e i getti di raggi di luci tramite obbiettivi simmetrici, c’èra tanto da studiare su questo ramo, La teoria era necessaria per poi passare alla pratica facendo delle prove per poi poter costatare la riuscita delle prove. Finalmente arrivò il congedo, io subito mi preparai stava iniziando una nuova vita, mi sentivo Pieno di dubbi, come sarebbe andata? Ora non avevo più il laboratorio dove avrei potuto sempre chiedere spiegazioni, ero solo ma ci credevo, dovevo farcela.
Continua

venerdì 16 gennaio 2009

Tomaso oggi vi da il Buon giorno con questo

Un forte abbraccio a tutti/e. Tomaso

mercoledì 14 gennaio 2009

Continua il racconto capitolo quinto

Quete foto sono del periodo di questo capitololo non sono riuscto a fare come avrei voluto. io i miei 16 anni, mia serella che segui il suo desiderio. QUINTO CAPITOLO La vita riprese con tanta speranza, io lasciai il lavoro del panificio, trovai nel mio paese stesso Un buon posto di garzone la mia esperienza era stata valutata, anche se ero ancora molto giovane, questo era un grande panificio con un forno moderno a vapore, veniva scaldato Da un’altra parte con delle valvole speciali si iniettava il vapore dentro il forno, subito dopo con aria calda veniva assorbite le umidità, così potevamo cuocere una sfornata dietro l’altra, purtroppo anche qui dovevo lavorare alla notte, iniziavo alle ore 2,00 del mattino e terminavo verso le 13,00, Alla sera dovevo preparare l’impasto principale per far lievitare poi il pane, il quale doveva riposare fino al mattino dove circa il 20 % veniva usato ogni impasto per il pane, ormai ero abbastanza esperto per questo lavoro la retribuzione non era tanto male nonostante la mia giovane età, la cosa più brutta era che il panificio non conosceva chiusure, cioè lavorava sempre, l’uniche feste che rimaneva chiuse erano 3 giorni in tutto l’anno, Natale, Capodanno, e Pasqua, le ferie non le potevo fare perché non cerano sostituti, mi venivano pagate extra Alla fine anno, ero contento l’ostesso perché avevo un lavoro. Nel 1947 si sposo la mia sorella maggiore, in fretta le cose si dimenticarono non c’èra più la paura della sopravvivenza, ricordo che desideravo tanto avere un orologio da polso, Io come prendevo la mia paga la consegnavo tutta a mia madre, mio padre non terminava mai la stagione completa dato la sua già avanzata età non trovava sempre lavoro, Per questo la mia paga era necessaria in casa, un giorni dissi a mia madre quando mi pagheranno le ferie, con quei soldi mi voglio prendere un orologio, la mamma risposi, vedremo, forse sarà possibile, però mi disse, prima portali a casa i soldi poi vedremo, arrivarono i soldi delle ferie, feci come mia madre mi avevo detto, tutto sembrava come aveva detto, cioè un giorno, si sarebbe andati dall’orefice, per comperare quel tanto desiderato orologio. Qualche giorno dopo, ritornai a casa dopo il lavoro, mia madre mi chiamò, vieni che ti devo Far vedere una cosa, io la seguii fino in camera, e mi disse ecco il tuo orologio, vidi un grande armadio, poi lei mi disse mi dispiace caro figlio, quel armadio era molto necessario, I vestiti si rovinavano stando ammucchiati sulla sedia, così svanì questo mio desiderio, io capii mia madre, lei era responsabile di fare in modo che i soldi bastassero. Settembre 1948 gli dissi a mia madre, questa volta i soldi delle ferie non te li darò, Mi guardò, con una sguardo severo, e mi disse, che cosa vuoi fare, questa volta? Serio gli disse, ora che ho 18 anni voglio farmi la patente di guida, già dentro di me, Pensavo al mio avvenire, non avrei fatto mai più un lavoro di dover lavorare di notte, Andò molto bene in pochi mesi diedi l’esame di guida e anche teorico, fui promosso. Sapevo che mi aspettava, il sevizio militare, giurai a me stesso che dopo il servizio, avrei cambiato, mestiere. Alla fine del 1948, l’altra mia sorella di 24 anni scelse la via delle missioni, entrò in un convento per farsi suora, così la famiglia venne mancare anche quel piccolo contributo del suo lavoro in filanda, mia madre la prese un po’ male, ma la dovette accettare. Nel settembre 1948, dissi a mia madre: -Questa volta i soldi delle ferie non te li darò. Mi guardò con uno sguardo severo e mi disse: - Che cosa vuoi fare, questa volta? Serio le risposi: -Ora che ho 18 anni voglio farmi la patente di guida. Già dentro di me pensavo al mio avvenire, non avrei fatto mai più un lavoro in cui si dovesse lavorare di notte. Andò molto bene, in pochi mesi diedi l’esame di guida, anche quello teorico e fui promosso. Sapevo che mi aspettava il sevizio militare, giurai a me stesso che, una volta congedato, avrei cambiato mestiere. Nel 1949 seppi che c’èra una scuola serale, io che non avevo potuto completare le scuole dell’obbligo, mi iscrissi subito, tutti dicevano che per avere un libretto di lavoro professionale era necessario il diploma della quinta elementare, la scuola iniziò a settembre, il programma era di 6 mesi, mi impegnai subito, anche perché sapevo che, l’anno dopo avrei dovuto fare il servizio militare. Alla fine di aprile, 1950, ci furono gli esami, rimasi soddisfatto dei buoni voti ricevuti. I mesi che seguirono fui chiamato al distretto militare di Treviso, che fecero una breve selezione ci fecero dei test di capacità, di concentrazione, durarono un paio di giorni, in settembre mi arrivò la cartolina di precetto per il servizio militare, fui assegnato al terzo reggimento, di artiglieria da montagna, mi dovetti presentare ha Belluno dove cerano le grandi caserme per il CAR, Centro, Addestramento, Recclute. I primi 45 giorni di preparazione, per poi dovevano assegnarci, il posto per il resto della ferma, Che in quel periodo era di 15 mesi. Finito il CAR fui prescelto, assieme a altri per fare uno speciale corso, si trattava per i collegamenti radio e telegrafo, siamo partiti da Belluno accompagnati da un ufficiale, Siamo arrivati 12 ore dopo a San Giorgio di Cremano, in provincia di Napoli, Li era il posto dove preparavano i diversi corsi di varie specialità incominciai il corso, collegamenti radio, io pensavo che, non sarei mia arrivato, fino al termine, invece mi è subito piaciuto, era una cosa molto, interessante. Dopo le prime raccomandazioni dai istruttori, incominciò, l’alfabeto morse, che per me non immaginavo, nemmeno come funzionava, in una decina di giorni tutti, io e miei commilitoni eravamo entusiasti, le prove di trasmissioni nelle apposite maglie per dare dei dati ai comandanti di varei batterie, le notizie, ecc. formare delle frasi con . -. e -.- fu una vera esperienza, il corso durò 45 giorni, poi venni assegnato, al gruppo di artiglieria da Montagna terzo reggimento della brigata Julia, del gruppo Conegliano,nella caserma, San Rocco a Udine, ci furono assegnati al reparto comando dove si continuava a studiare, la cosa che mi sorprese che tutto quello che avevamo studiato, sull’alfabeto morse, non lo abbiamo usato per niente, ci dettero in dotazioni delle radio, riceventi,e trasmittenti, tutto veniva fatto in fonia. Una sera, in libera uscita, in città notai un, manifesto, il quale diceva se avete buona volontà, questo corso questa scuola fa per voi, si trattava di imparare e studiare fotografia, non lo so il perché a me mi venne l’idea di iscrivermi, quei poche soldi che la deca cioè la paga dei militari la usai per l’iscrizione, comperai subito dei libri, manuali, e mi buttai a capo fitto,era forse arrivato il momento, per trovare un nuovo mestiere. Tutti i permessi che potevo avere dal comando li usavo ad andare nel laboratorio fotografico. Mi esercitavo con molto interesse nella camera oscura per imparare le tecniche dello sviluppo Delle negative sia della carta, imparai a usare gli ingranditori, cominciai a conoscere le funzioni della carte e le sue specifiche funzioni secondo il negativo se era sovra esposto o sotto esposto, tutto si poteva correggere tramite il tipo di stratto gelatinoso della carta da fotografia, un giorno uscendo dal laboratorio mi incontrai con un tenente comandante del reparto comando, lo salutai di scatto come l’etichetta doveva, mi domandò cosa facevo io li. Sapevo che era vietato fare quello che facevo, al ritorno in caserma mi avrebbe di sicuro chiamato a rapporto in ufficio.
Continua

martedì 13 gennaio 2009

Qui di sicuro c'é il sentimento

Ricordate questi tempi? sono molto lontani, i più giovani non le avranno mai sentite queste canzoni così profonde che ti scendono nel cuore. Tomaso

Questa pastiglia fa passare i malanni!

Chi si ricorda di queste belle e spensierate canzonette? Un caro saluto a tutti/e Tomaso

lunedì 12 gennaio 2009

Tutto per Lello

Caro Lello sono felice che ai visitato il mio blog, sono fiducioso e vado avanti vedendo che a tanti amici piace. Capirai per me non è stato facile, la mia scarsa conoscenza su questo ramo mi aveva un pò frenato, comunque ci ho provato. sta tranquillo i tuoi commenti li ho molto graditi. Un caro saluto a te e a coloro che mi visitano, con sincera simpatia e amicizia, Tomaso

domenica 11 gennaio 2009

Carissimi amici e amiche la mia storia continua capitolo 4

QUARTO CAPITOLO
A dire il vero intanto quei piccoli guadagni arrivati da quei lavori aveva un po’ aiutato il paese, io continuavo a fare il garzone nel panificio, finito il lavoro al mattino verso le 11.00 tante volte al pomeriggio andavo a guadagnare qualche 10 lire portando da bere agli operai, I mesi passarono sempre con la tensione e la speranza che gli alleati un giorno arrivassero, Ahimè erano molto l’ontani ancora, i partigiani che di giorno erano nascosti in montagna, Alla notte facevano delle ricognizioni per procurarsi i viveri, purtroppo succedeva spesso, Di scontri tra tedeschi e partigiani, se prendevano qualche partigiano, noi eravamo costretti a vedere certe scene disumane che quei carnefici facevano, se invece era qualche tedesco, che veniva ucciso allora la casa da dove i partigiani si erano fermati per difendersi, veniva incendiata dai tedeschi, chi provava ha spegnere il fuoco, veniva portato via dai tedeschi. Settembre 1944 un episodio mi coinvolse, io con la mia bicicletta andavo a lavorare, era una notte illuminata da una luna piena, stavo percorrendo una strada affiancata da alberi l’ombra della luna faceva strane ombre sulla strada, improvvisa-mente mi accorsi che si muovevano, Erano dei partigiani che camminavano in fila indiana, uno di questi si mise in mezzo alla strada e mi feci il segno di fermarmi, mi disse con un accento non locale capii subito che si trattava di uno dei soldati che non avevano potuto raggiungere la famiglia perché era al sud, Mi chiese subito dove andavo a quell’ora, lui sembrava molto informato Di quello che io facevo, educata-mente mi disse, lui sapeva che su questa strada c’era al giorno dei passaggi di tedeschi, io provai a dire che non sapevo, non mi credettero, con tono severo mi disse che se non parlavo mi avrebbero portato con loro in montagna, Io mi spaventai, e dissi tutto quello che sapevo, difatti tutti i giorni immancabilmente passava una grande vettura con dei alti ufficiali che da un comando del Friuli veniva a controllare i lavori di fortificazioni sul Piave, tutti i giorni la vedevo sempre alla stessa ora che mi sorpassava facendo un polverone date che la strada non era di asfalto, I partigiani dopo di avermi ascoltato si sono dileguati in fretta, io raccontai tutto quanto al mio padrone dove lavoravo, abbiamo sotto-valutato quanto stava per succedere, Terminato il mio lavoro come ogni giorno con la mia bicicletta stavo ritornando a casa, quasi dimenticato di quella notte, l’auto solita mi sorpassò, quando l’auto era circa 100 metri da me sentii un fragore di spari raffiche e scoppi di bombe a mano, lo stesso posto dove avevano parlato con me i partigiani si sono nascosti nel campo di grano che a quella stagione era molto alto, ed hanno aspettato il passaggio dell’auto, fu una grande confusione, l’auto accelerò fortemente scomparve, io con il cuore in gola arrivai a casa, Raccontai tutto a mia madre, mi sollecitò di ritornare dal mio padrone dicendo di non dire a nessuno quello che io gli avevo detto, ritornando verso casa già parecchi camion pieni di soldati tedeschi stavano nel luogo dell’attentato passai con la bicicletta con il cuore che mi scoppiava della paura, Arrivai a casa e seppi che un alto ufficiale era gravemente ferito, quel giorno stesso, i tedesche presero 20 ostaggi dal mio paese e altri dai paesi circostanti, incominciò per me e famiglia un incubo di terrore se i tedeschi avrebbero saputo che io avevo avuto quel contatto con quelli del attentato, nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo a tutti noi, Io per parecchie notti non riuscivo a dormire, per qualche ora riuscivo prendere sonno, Era sempre pieno di incubi, vedevo la mia casa che bruciava mio padre mia madre portati via mie sorelle che piangevano disperate, furono i giorni più lunghi della mia vita,
Le mie sorelle
Finalmente si seppe, l’ufficiale ferito stava riprendendosi e non mori, nessuno seppi mai di quel mio incontro con i partigiani, solo finita la guerra, dissi a qualcuno del paese ciò che era successo. Ricordo che si sentiva alla radio che gli alleati trovavano delle forti resistenze, le grandi battaglie del monastero di Monte Cassino, e tante altre località del centro Italia, le grandi fortezze volanti americane passavano sopra la nostra testa, andavano a bombardare le grandi città della Germania, era tutto un susseguirsi di notizie, ma nessuno era certo se fossero vere.Passò anche il 1944. L’inizio 1945 tutti eravamo in ansia, la speranza era solo una, che arrivassero al più presto possibile gli alleati.
Molte volte capitava di vedere nel cielo dei duelli aerei, sempre uno americano e un tedesco,
Le acrobazie erano spettacolari, le raffiche che si udiva erano molto chiare,
Però alla fine se ne andavano uno da una parte e una dall’altra. Non saprei dire la causa,
Forse finito le munizioni, il tempo passò sempre aspettando, io continuavo il mio lavoro, nel panificio, nonostante quanto era successo, tutte le notti con la mia bicicletta mi recavo al lavoro, si vedeva sempre più aerei da caccia americani che sorvolavano a bassa quota
tenevano sotto controllo ogni piccolo movimento, perfino i carri agricoli trainati dai buoi
venivano presi di mira e mitragliati, pensavano forse che fosse qualche trasporto di tedeschi
perché camuffavano tutto per passare inosservati, si sentiva nell’aria che qualcosa stava cambiando, tutte le notti i partigiani scendevano e attaccavano nei paesi dove erano, sistemati i soldati, si capiva che loro non si sentivano più sicuri, anche noi non eravamo più con quella paura, venne quel giorno che arrivarono finalmente gli americani, ricordo di aver visto dei carri armati che nelle strane non asfaltate facevano un fragrante rumore, si piazzarono di fronte ai fabbricati, scuole e palazzi comunali dove erano asserragliati i tedeschi, che hanno sempre resistito agli attacchi dei partigiani durante la notte, ricordo con chiarezza che dopo qualche minuto che i carri armati si erano fermati, dalle finestre che si incominciavano ad aprirsi,
Si notavano delle bandiere bianche, se prima erano molto pochi i civili che spiavano per vedere
quello che succedeva, da quel momento le strade le piazze si riempirono le campane a suonare, è stato qualche cosa indescrivibile, in un baleno non si pensava più ha quel terrore passato, tutto era una festa, mi ricordo di nuovo le parole di mio padre,
Ora ci credo il fronte che avevano preparato non era necessario, la guerra è veramente finita.
Continua

Buon giorno mi sento già più caldo

Ecco guardando queste foto mi sento già un po' più caldo, Egitto 1991 temperatura 41 gradi all'ombra. Con questi ricordi vi auguro buona domenica. Tomaso

sabato 10 gennaio 2009

Freddo e freddo e poi freddo ancora

Carissimi amici e amiche questo inverno che è molto rigido rispetto agli anni precedenti. A me è capitato qualcosa che a peggiorato la situazione, l'inquilina che abita sottostante al mio apparta-mento è andata in una lunga vacanza in Thailandia lasciando 2 finestre aperte, dunque potete immaginare quanto sono freddi i miei pavimenti. La cosa diventa ancora più brutta che rimarrà via per 3 mesi ho cercato in tanti modi di far intervenire l'amministratore fino adesso senza risultato, spero che qualcuno venga per svuotare la cassetta delle lettere, solo in questo modo spero che chiuderanno le finestre. Ora vi lascio e vado a nanna con due pigiama addosso e vi auguro la buona notte. Tomaso

venerdì 9 gennaio 2009

Sfogliando le vecchie foto ho scielto queste due

Questa foto lo fatta personalmente 1952 il giorno che conobbi la ragazza che poi divenne la mia sposa, lei è quella alla sinistra. Qui invece vediamo il mio cognato 1972 che sta rifacendo una sedia con delle paglie per sedie. Auguro a tutti/e una buona giornata nella speranza che abbiate gradito queste foto. Tomaso

giovedì 8 gennaio 2009

Come al solito non riuscendo più a dormire eccomi il capitolo 3°

Buon giorno amici e amiche, credo sia ora che continui con il racconto che ho incominciato.
TERZO CAPITOLO
Passarono pochi giorni, la Germania reagì con fermezza verso l’Italia considerando un tradimento, incominciarono la persecuzione giovani arrestati e internati in Germania nei Campi di concentra-mento, tanti si sono rifugiati nelle montagne, mia sorella maggiore aveva il fidanzato militare in Albania, si pensava che forse non sarebbe mai più ritornato, si sa, ma si spera sempre. I partigiani incomincia-vano ad organizzar-si, ci fu una grande confusione, Quelli che pensavano che i fascisti avessero ragione altri del parere diverso, la paura regnava In ognuno di noi, io ancora ragazzo mi chiedevo quando finirà questa tragedia. Passarono circa tre mesi, un giorno venne una sorella del fidanzato di mia sorella, ci portò, Una bella notizia, il fidanzato riuscii a piedi dall’Albania camminando sempre di notte, attraversando Iugoslavia era arrivato, però ci avvisò che doveva rimanere segreto perché era molto pericoloso i tedeschi, l’avrebbero subito arrestato come disertore. Vicino alla nostra casa abitava una famiglia , era rimpatriata dalla Francia, loro possedevano un radio con la quale ascoltavano radio Londra, una sera mentre questa famiglia ascoltava la radio in compagnia di parecchi giovani, arrivarono 2 camion pieni di soldati tedeschi, Di sicuro qualcuno li aveva avvisati, il seguito e stato mostruoso furono tutti portati via, Per qualche giorno non abbiamo sentito niente, poi arrivò la tragedia, il padrone di quella casa fu portato davanti alla porta e fucilato sul posto, il suo corpo rimase li per due giorni, Sopra di lui un cartello che diceva “tutti i traditori finiranno cosi“. La domenica dopo quando la gente usciva dalla chiesa un drappello di soldati fermò Tutti nella piazza, tutti dovettero assistere a tre condanne di tre di quelli presi che ascoltavano Radio Londra, mi ricordo che quei tre sono rimasti dopo essere fucilati legati a due alberi, in piazza per altri due giorni, tutto questo era l’inizio del nostro terrore. Una settima dopo la famiglia vicino noi fu lasciata libera, la moglie e due ragazzi della mia età, non passò che un paio di settimane che i simpatizzanti di Mussolini sostenuti dalla Germania formarono un nuovo governo con lo stato Italiano, una Repubblica, così detta ( Repubblica di Salò ) una circolare specificava che tutti i giovani erano invitati a presentarsi subito per formare un nuovo esercito, la cosa divenne molto complicata pochi giovani hanno Scelto di arruolarsi, la maggior parte scelse di darsi alla macchia nascondendo-si nelle montagne vicine, altri fondarono le prime compagnie dei partigiani, tutti coloro che non erano riusciti a raggiungere le loro famiglie perché erano del sud si sono fermati da noi organizzando Le prime resistenze, male armati ma sempre pronti al sacrificio, nei giorni che seguirono molti furono presi e internati in Germania nei campi di concentra-mento. Passarono dei mesi molto difficili i rastrella-menti fatti dai tedeschi assieme ai nuovi soldati della Repubblica di Salò prendevano dei giovani i quali non avevano fatto ha tempo di nascondersi, coloro che cercavano di scappare non avevano scampo, parecchi vennero uccisi. All’inizio del 1944 arrivò in paese una compagnia di saldati del nuovo esercito Italiano, Vennero sistemati in un grande palazzo sequestrato dai tedeschi, questi militari facevano parte di Un reggimento chiamato la ( Decima Mas ) al primo momento questi giovani sembravano che non fossero diciamo cattivi ma ben presto il paesi si accorse che non era cosi, erano tutti ambiziosi con molto odio verso il popolo, gli abitanti odiava i tedeschi e a loro non gli andava bene, iniziò così una difficile convivenza. Febbraio 1944, arrivò una compagnia di militari tedeschi, quasi tutti abbastanza Anziani, era venuta per organizzare dei lavori di fortificazioni lungo il fiume Piave, mio padre Mi guardò e disse, la cosa si ripete qui ho combattuto nella prima guerra mondiale, ora si preparano perla seconda, il suo sguardo era molto preoccupato, dal comune ci venne comunicato che tutti coloro che erano capaci di lavorare alle dipendenze dei tedeschi avrebbero guadagnato, per gli uomini 50 lire al giorno e per le donne 30 lire al giorno, Molti hanno approfittato molti anche giovani ragazzi erano pagati come le donne, il suo compito era portare acqua per dare da bere ai lavoratori. 2 mesi dopo iniziarono i lavori lungo la sponda del Piave scavarono dei fossati come cammina-menti con dei punti molto più larghi, credo fossero dove avrebbero piazzato armi più Pesanti, il lavoro delle donne consisteva con delle rami di alberi sottili rivestivano le pareti per evitare che franassero, gli uomini poi scavarono dei grandi buchi penso servissero per bloccare eventuali attacchi di carri armati, i lunghi cammina-menti portavano anche nei grandi buncher molto profondi e ai fianchi mettevano dei grossi tronchi di alberi tutti i boschi circostanti erano stati tagliati , in buncher sopra venivano diversi strati di tronchi di alberi, Tutto faceva prevenire che li avrebbero cercato di fermare gli alleati che piano piano Avanzavano da sud verso il nord.

A dire il vero, i piccoli guadagni dei lavori, descritti nel precedente capitolo, avevano un po’ migliorato le condizioni del paese ed io intanto continuavo a fare il garzone nel panificio. Finito il lavoro verso le undici, aspettavo il pomeriggio e andavo a guadagnare qualche dieci lire portando da bere agli operai.
I mesi passarono sempre con una certa tensione nell’aria e la speranza che arrivassero gli alleati da un momento all’altro. Purtroppo erano ancora lontani ed i partigiani, nascosti di giorno in montagna, la notte facevano delle ricognizioni per procurarsi dei viveri, scontrandosi a volte con i tedeschi. Se qualche partigiano veniva catturato, noi eravamo costretti a guardare le cose disumane che quei carnefici mettevano in scena.
Quando si trattava di un tedesco ucciso, allora, la casa nella quale si erano asserragliati i partigiani per difendersi, veniva incendiata dai tedeschi e chi provava a spegnere il fuoco veniva arrestato e portato via. Nel settembre 1944, un episodio mi coinvolse direttamente. Stavo andando a lavorare in bicicletta in una notte di luna piena e, mentre stavo percorrendo una strada affiancata da alberi, la luce della luna creava strane ombre sulla strada, a un certo punto mi accorsi che quelle ombre si muovevano. Erano dei partigiani che camminavano in fila indiana ed uno di questi, probabilmente il comandante, si piazzò in mezzo alla strada e mi fece segno di fermarmi. Mi parlò con un accento non locale e capii subito che si trattava di uno dei soldati che non avevano potuto raggiungere la famiglia al sud. Mi chiese dove andassi a quell’ora e sembrava molto informato su quello che io facevo ed aggiunse
educatamente che sapeva che su questa strada passavano delle auto tedesche, quindi io dovevo dirgli tutto quello che conoscevo. Tentai di dire che non sapevo niente, ma non mi credettero e quindi, con un tono un po’ più severo, mi avvertirono che, se non avessi parlato, mi avrebbero portato con loro in montagna. Mi spaventai, pensando soprattutto alla mia famiglia, e quindi spifferai tutto quello che sapevo. Effettivamente, tutti i giorni, transitava di lì una grande vettura con degli alti ufficiali tedeschi che, da un Comando situato in Friuli, veniva a controllare le fortificazioni
sul Piave. La vedevo passare tutti i giorni, sempre alla stessa ora, sollevando un gran polverone, visto che la strada non era asfaltata. I partigiani, dopo avermi ascoltato, si dileguarono in fretta ed io raccontai tutto al mio datore di lavoro, ma, entrambi, sottovalutammo quanto stava per accadere.
Terminato il mio lavoro, come ogni giorno, stavo tornando a casa in bicicletta, quasi dimentico di quello che era successo nella notte. La solita auto mi sorpassò e quando fu a circa cento metri da me sentii degli spari a raffica e scoppi di bombe a mano, praticamente nello stesso posto dove avevo incontrato i partigiani i quali si erano nascosti nel campo di grano, già piuttosto alto in quella stagione, aspettando il passaggio della vettura. La confusione fu enorme, ma la macchina, accelerando al massimo, scomparve alla vista. Io arrivai a casa con il cuore in gola e raccontai tutto a mia madre che mi spinse a tornare dal padrone del panificio e scongiurarlo di non dire ad alcuno di quello che gli avevo riferito. Ritornando verso casa trovai già, sul luogo dell’attentato, parecchi camion carichi di soldati tedeschi e passai, sempre con la bicicletta, con il cuore
che mi scoppiava dalla paura. Arrivato a casa, seppi che un alto ufficiale era stato gravemente ferito e quindi furono presi venti ostaggi tra gli abitanti del mio paese e dei paesi vicini che furono portati via. Fu per la mia famiglia l’inizio di un incubo perché, se i tedeschi avessero saputo del mio contatto con i partigiani, tutti noi ne avremmo subito le conseguenze. Io, per parecchie notti, non riuscii a dormire prendendo il sonno solo per qualche ora, sonno che però era popolato da incubi, in cui vedevo la mia casa che bruciava, mio padre e mia madre portati via, le mie sorelle che

piangevano disperate. Furono i giorni più lunghi della mia vita.

Per fortuna l’ufficiale ferito si riprese e non morì, nessuno seppe mai del mio incontro con i partigiani e, solo finita la guerra, dissi a qualcuno in paese cosa era successo. Alla radio si sentiva che gli alleati stavano trovando forti resistenze in diversi punti, a Monte Cassino e in tante altre località del centro Italia. 
Le grandi fortezze volanti americane passavano sopra la nostra testa ed andavano a bombardare le città della Germania. Era tutto un susseguirsi di notizie contraddittorie e quindi non si poteva sapere se fossero vere.
Passò anche il 1944 e, all’inizio del 1945, eravamo tutti in ansia con l’unica speranza, che arrivassero al più presto gli alleati.
Alle volte capitava di vedere nel cielo due aerei, uno americano ed uno tedesco che si attaccavano. Le acrobazie erano spettacolari e le raffiche delle mitragliatrici si sentivano chiaramente. Poi, a un tratto, i due aerei si allontanavano, uno da una parte ed uno dall’altra. Non se ne sapeva la ragione, forse perché finivano le munizioni oppure perché la benzina rimasta nel serbatoio permetteva appena il rientro alla base.
Il tempo passò sempre attendendo ed io continuavo l’attività nel panificio, nonostante l’episodio accaduto; ogni notte, mi recavo al lavoro e per strada vedevo sempre più aerei da caccia americani che volavano a bassa quota, per poter mitragliare i nemici. Prendevano di mira anche i carri agricoli perché temevano che si trattasse di qualche trucco dei tedeschi che effettivamente camuffavano tutto per passare inosservati. Si sentiva nell’aria che qualcosa stava cambiando e tutte le notti i partigiani scendevano dalle montagne ed attaccavano i paesi dove erano insediati i soldati tedeschi, che ormai non si sentivano più tanto sicuri. 
Anche noi non provavamo più la consueta paura e venne finalmente il giorno in cui arrivarono gli alleati con dei carri armati che nelle strade non asfaltate, oltre al polverone, facevano anche un assordante rumore. Si piazzarono di fronte ai fabbricati delle scuole e dei palazzi comunali, dove si erano asserragliati i tedeschi che erano riusciti a resistere agli attacchi notturni dei partigiani, ma di fronte allo spiegamento di forze alleate, cominciarono ad aprirsi le finestre e si vide apparire qualche bandiera bianca. In precedenza erano molto pochi i civili che spiavano dalle finestre per vedere cosa stesse succedendo; in un istante le strade e le piazze si riempirono di gente e le campane cominciarono a suonare a distesa. Fu qualcosa di indescrivibile, in un lampo non ci si ricordava più di quella paura e del terrore provati nel passato, tutto era una festa e mi ricordo ancora le parole di mio padre: Allora il fronte che avevano preparato, in definitiva, non era necessario, la guerra è veramente finita”.
Continua

mercoledì 7 gennaio 2009

Prima di riprendere il terzo capitolo ecco una foto molto vecchia

FOTO STORICA DEI MIEI GENITORI 1921 LA HO TROVATA IN UN VECCHIO ARMADIO

lunedì 5 gennaio 2009

Questa è veramente una strana befana

Carissimi amici e amiche domani è il giorno della Befana. Guardate un po'come era bella questa befana. La facevano negli anni 1945 - 1950 appena dopo la seconda guerra. Un saluto a tutti/e Tomaso

domenica 4 gennaio 2009

Oggi sfogliando i miei ricordi eccone uno

Queste due foto rappresenta-no la storia di questa grande famiglia colonica del Conte Collalto della regione veneto. Nella provincia di Treviso, quartiere del piave, che avevo descritto nei post precedenti. Come potete notare la foto soprastante fatta nel 2000, sono tutti cugini con i rispettivi mariti e mogli in mezzo ci sono io e anche la Danila la mia consorte. Questa foto trovata in un archivio storico, della provincia di Treviso rappresenta la famiglia Breda all'inizio del 1900. la foto è stata fatta nel 1934 provate a contarli se ci riuscite! guardate bene la più piccola neonata in braccio a quella signora seduta con il vestito più chiaro è la mia adorata moglie. Spero che gradirete questo pezzo di storia. Un forte abbraccio a tutti gli amici e amiche che vedranno queste foto documento. Tomaso

sabato 3 gennaio 2009

Prepariamo-ci ad aiutare i bambini a ricevere la befana

6 gennaio il giorno dell'Epifania, giorno di grande tradizione facciamo in modo che i bambini si sentano veramente aiutati da tutti noi. È un giorno tutto particolare noi tutti dobbiamo sentirci bambini sorridendo alla vita che si vive una sola volta. Questo video ci fa vedere quanti sono coloro che dedicano questo giorno totalmente a questi bambini. Un sentito saluto a tutti voi amici e amiche, con affetto Tomaso

venerdì 2 gennaio 2009

Ricordando Beniamino gigli e Toti del Monte

Chiudete gli occhi e assaporate questo. Tomaso

Kloten dove vivo da oltre 50 anni

Buongiorno amici e amiche che fate visita al mio blog, oggi vi voglio far vedere dove io vivo una cittadina alla periferia della grande città di Zurigo

giovedì 1 gennaio 2009

È ARRIVATO IL 2009 INIZIO CON UN NUOVO CAPITOLO 2

I MIEI RICORDI

SECONDO CAPITOLO

L’inizio della guerra sconvolse tutta la nostra già precaria esistenza sopravvivere per noi poveri era una battaglia quotidiana, vedevo mio padre due mesi all’anno soffrivo sentendo mia madre piangere ogni volta che era giunto il giorno della partenza, per la nuova stagione di lavoro, lo stato aveva programmato il razionamento dei generi alimentari non si poteva avere nianche un pezzo di pane senza il bollino 100 grammi al giorno, i soldi erano sempre pochi,
Per questo in casa e stato deciso che io terminato la quarta elementare di non continuare il mio contributo alla famiglia era necessario, al giorno andavo nei boschi per cercare legna da far fuoco per il camino dove la mamma cucinava, altra legna occorreva per l’inverno, quei periodi gli inverni erano molto rigidi la neve veniva sempre abbondante già in novembre, sopravvivere era molto difficile ogni giorno c’è sempre qualcosa di nuovo.

Nel 1941 ci comunicarono che il comune ci aveva assegnato una casa, casette B famigliare fatta costruire dal governo per dare alloggi ai molti emigranti che erano stabiliti all’estero, e fatti rimpatriare causa la guerra noi siamo stati fortunati, nonostante che la nostra famiglia non fosse prima stabilita all’estero, erano ben fatte con l’acqua corrente e gabinetto in casa, credo che questa sia stata una cosa bella fatta dal regime fascista, un affitto molto ridotto prendemmo possesso della casa in maggio, mia madre aspettava il quinto figlio che nacque in agosto, una bocca di più da sfamare. sembrava che la nostra esistenza andasse un po’ meglio, ma era pura illusione,mio padre ritornò prima del previsto.

Quando nel 1942 mia madre con delle conoscenze trovo un posto di lavoro per me in un panificio in un paese a circa 5 Km. di distanza, la distanza non era tanto il problema, era che tutte le mattine molto presto dovevo recarmi al lavoro come garzone, l’ora che il panificio iniziava era alle 0,2 di notte io con una bicicletta mi recavo tutti giorni in estate e anche d’inverno all’inizio avevo un po’ di paura ma poi feci l’abitudine, intanto la guerra continuava,
le mie sorelle maggiori lavoravano nella filanda del paese dove lavoravano la seta,
Ogni primavera i contadini prendevano i piccolissimi bachi , mi ricordo che erano quasi invisibili mangiavano delle foglie di gelso era incredibile vederli crescere rapidamente,
In tre - quattro settimane si gonfiavano e diventavano di un colore giallo quasi trasparente,
Era fantastico vedere che dalla sera alla mattina dopo li vedevi questi bachi che già iniziavano ha costruire il bozzolo che poi venivano portati da tutti i coltivatore in filanda dove le donne con speciale bagno nell’acqua calda iniziavano li sfilamento de quel piccolo sottile filo di seta.

L’inizio del 1943 non era cambiato niente le notizie che si sentivano non ci davano nessuna tranquillità si capiva che questa guerra stava diventando sempre più dolorosa, non passava un giorno che arrivava notizie di un soldato conosciuto del paese era rimasto vittima in Grecia oppure in Iugoslavia. Io imparai tante cose su quel panificio dove ero stato assunto.
L’otto settembre, la radio annunciò che l’Italia firmò l’armistizio con gli alleati cioè i nemici di prima diventarono amici, i amici di prima diventarono i nemici, all’inizio ci fu una grande festa
Tutti pensavano che l’incubo della guerra fosse finito, l’Italia si trovo divisa in due, il sud era con gli alleati mentre al nord cera l’esercito tedesco, l’esercito italiano allo sbaraglio, gli ufficiali responsabili non erano stai informati, fu l’inizio di una tragedia,
I soldati scappavano dalle caserme cercando indumenti civili per poter raggiungere le proprie case e le loro famiglie, purtroppo coloro che le loro famiglie si trovavano al sud si sono fermati al nord dove erano alloggiati dalle famiglie volonterose.
Continua